Vincent Van Gogh, De Aardappeleters (mangiatori di patate) - olio su tela, cm 82 x 114 1885 Museo Van Gogh di Amsterdam
È il 1885 e Vincent in questo periodo è preda di una forte vocazione
religiosa già evidente in Inghilterra quando durante uno dei suoi viaggi
all’estero iniziò a predicare in una chiesa metodista. Al suo rientro
nella casa paterna nel 1877 a Etten il padre,
pastore protestante, supportò la sua vocazione e lo spinse ad andare ad
Amsterdam per iscriversi alla facoltà di teologia, ma Vincent non
riuscì nemmeno a superare gli esami di ammissione e iniziò così a
predicare ugualmente senza averne titolo. Questa premessa ha lo
scopo di fotografare l’animo del pittore in questo momento in relazione
al viaggio che da Amsterdam lo porta in un villaggio minerario del
Belgio: Borinage. Qui l’artista condivise la vita quotidiana dei
minatori. Povera gente abbruttita dal dolore e dalla fatica, angosce che
dividevano, come il pane e le patate, con le loro famiglie a casa la
sera. In questo contesto si rafforza la vocazione di Van Gogh e il
legame fraterno stesso con i poveri e derelitti minatori belgi e non
solo. “mangiatori di patate” fu un lavoro che durò quasi un anno e
l’opera finale fu preceduta da diversi studi pittorici. Si iniziano ad
intravedere già i primi caratteri che identificano il linguaggio
stilistico di Vincent, come ad esempio le figure che hanno un aspetto
deforme, molle quasi che la sofferenza renda i loro volti delle
caricature oscene. La scena è ambientata in una casa poverissima e
al suo interno la luce fioca di una lampada a petrolio illumina solo una
parte della stanza e dei personaggi seduti intorno al tavolo. Citazioni
di un fiammingo secentesco. Il gruppo di persone, contadini e non
minatori poiché il quadro è dipinto Neuen, è composto da cinque persone
intente a consumare un pasto frugale a base di patate. Tra loro di
spalle vi è anche una bimba, avvolta da un alone che sembra darle un
effetto controluce. Malgrado la loro condizione di indigenza e la
difficoltà nell’affrontare le fatiche, le privazioni e le sofferenze
della loro vita quotidiana mantengono nei gesti e negli sguardi
reciproci un rispetto inaspettato ed esprimono una dignità che li unisce
rafforzandoli nella misera che condividono. E’ visibile la
partecipazione affettiva di Vincent nella spiritualità che ritrae dei
personaggi e la religiosità con cui essi consumano il pasto
faticosamente guadagnato con il duro lavoro della terra. Ed è visibile
il valore intrinseco della casa e della famiglia ove i gesti e le povere
cose divengono importanti e degne. Tinte scure e brunastre con alcune pennellate gialle e azzurro chiaro in alcuni riflessi della luce della lampada.
( grazie a Sergio... per aver accolto la mia richiesta di scrivere un analisi del dipinto)
Voglio parlarvi oggi, di uno dei tanti libri che ho letto in questo periodo, e del successo che è stato paragonato, al successo dell'eleganza del riccio di Barbery Muriel. Ogni persona ha i suoi gusti e la vede in modo diverso, pur essendo un bel libro, se posso esprimere la mia opinione, l'eleganza del riccio mi è piaciuto molto di più.
Vi lascio un assaggio di questo libro
Autore
Grégoire Delacourt, classe 1960, è uno tra i più grandi
pubblicitari francesi, autore di famosissime campagne. Le cose che non
ho è stato per mesi numero uno nelle classifiche dei bestseller francesi
ed è ancora oggi tra i libri più venduti e più amati dal pubblico.
Diventerà presto un film.
Sinossi
Dice un vecchio adagio che le lacrime più amare sono quelle versate per
le preghiere esaudite. Sì, a volte succede che la gioia per una svolta
inattesa del destino svanisca in fretta di fronte alla possibilità
concreta di realizzare un sogno, lasciandoci smarriti e confusi.
È quello che accade a Jo, la protagonista di questo romanzo: “un cuore
semplice”, una donna intelligente e positiva con un’esistenza quieta,
nutrita di sogni, che per un colpo di fortuna all’improvviso è in grado
di realizzarli tutti. Forse la felicità non è così matematica. Forse non
si tratta solo di sommare un sogno dopo l’altro, ma di ritrovare se
stessi in ciò che si fa. Forse a Jo semplicemente non serve avere tutto
ciò che ha sempre desiderato; perché il suo matrimonio, il lavoro, i
figli ormai grandi e l’amore non sono beni acquisiti ma cose vive che
sfuggono al suo controllo, e con cui si può solo entrare in sintonia
senza farsene travolgere, come quando si nuota tra le onde di un mare
agitato.
Le cose che non ho è tutto questo: scritto con una prosa dalla grazia
perfetta, è un romanzo sull’intensità del desiderio e sulla tenacia del
quotidiano, sulla capacità di rinunciare al sogno per una realtà che
scegliamo noi stessi quasi senza saperlo, ma piena di tutto quello che
ci rende davvero felici.
Come l’Eleganza del riccio, un nuovo romanzo francese semplice,
profondo, arguto e filosofico, delicato e pieno di tenerezza. Un romanzo
dove i sogni sono le nuvole del pensiero e le liste dell’anima sono
fatte di desideri.
Il romanzo in pillole
«È solo nei libri che può cambiare la vita. Solo lì si
può cancellare tutto con un tratto di penna. Fare sparire il peso delle
cose. Cancellare le cattiverie meschine e alla fine di una frase,
ritrovarsi all’improvviso alla fine del mondo». «Possedevo ciò che i soldi non possono comprare ma solo distruggere.
La felicità. La mia felicità, per lo meno. Con i suoi difetti. Le sue
banali certezze. Le sue piccolezze. Ma era la mia. Immensa.
Scintillante. Unica».
«I nostri bisogni sono i nostri piccoli sogni quotidiani. Sono
le nostre piccole cose da fare, che ci proiettano verso il domani, e il
giorno seguente, nel futuro; sono quelle cose di poco conto che
compreremo la settimana prossima e che ci permettono di pensare che la
prossima settimana saremo ancora vivi».
«Penso che prendersi il proprio tempo sia importante. Penso che
tutto vada troppo in fretta. Si parla troppo in fretta. Si pensa troppo
in fretta. Si inviano mail, messaggi senza rileggersi, si perde
l’eleganza dell’ortografia, l’educazione, il significato delle cose».
«A me le parole piacciono. Amo le frasi lunghe, i sospiri che
non finiscono più. Mi piace quando, a volte, le parole nascondono quello
che vogliono dire; o lo dicono in un modo diverso».
«Vedete, si mente sempre a se stessi. Perché l’amore non resisterebbe alla verità».
«I miei mi hanno chiamata Jocelyne. Avevo una probabilità su un
milione di sposare un Jocelyn, ed è andata proprio così. Jocelyn e
Jocelyne. Una probabilità su un milione. Ed è capitata proprio a me».
«Lei non è una che ama tanto le parole. Da sempre parla
pochissimo. Non mi ha mai detto mamma ho fame, per esempio. Si alzava e
prendeva qualcosa da mangiare. Non mi ha mai detto: chiedimi la poesia,
la lezione, le tabelline. Teneva le parole per sé, come fossero cose
rare». «Coniugavamo il silenzio, mia figlia e io: sguardi, gesti e sospiri sostituivano soggetti, verbi e complementi».
«Vorrei avere la fortuna di decidere della mia vita, credo che sia il più grande regalo che ci possa esser fatto. Decidere della propria vita».
«“È lei la meraviglia”, mi disse. Arrossii. Il mio cuore prese a
battere all’impazzata. Sorrise. Gli uomini sanno che certe parole vanno
diritte al cuore delle ragazze; e noi, povere idiote, restiamo lì ad
aspettare solo di cadere in trappola, contente del fatto che un uomo ce
ne abbia finalmente tesa una». «La mia vita non ha la grazia perfetta che la mia mamma mi augurava la sera,
quando veniva a sedersi accanto a me, sul letto; quando mi accarezzava
dolcemente i capelli, mormorando: hai del talento, Jo, sei intelligente,
avrai una vita felice. Anche le mamme mentono. Perché anche loro hanno
paura».
«Ho visto le sue nuove rughe sulla fronte, minuscole rughette intorno alla bocca, la
pelle che cominciava a rilassarsi sul collo, dove una volta gli piaceva
essere baciato. Ho visto gli anni sul suo viso, ho visto il tempo che
ci allontana dai nostri sogni e ci avvicina al silenzio. Allora l’ho
trovato bello, il mio Jo nel suo sonno di bambino malato, e ho amato la
mia bugia».
«Più le bugie sono grosse, meno le si vede arrivare».
lentamente m'avvolge
con dolcezza di te mi veste
questa notte di stelle
e carezza di polpastrelli
...
Vilma Bellucci tutti i diritti riservati
Il băishù è un componimento poetico in quattro versi e trentadue sillabe, redatto secondo lo schema 7-9-7-9. Incentrato su temi umani legati allo scorrere del tempo, in un'ottica
naturalistica e/o meditativa, questo genere lirico non presenta
particolari schemi rimici e non prevede un titolo. All'interno del
costrutto possono essere inserite una o più pause mentre è obbligatoria
la presenza di un richiamo, diretto o mediato, al momento in cui è stata
composta l'opera, in relazione ai dodici "rami terrestri" della
tradizione cinese, che scandiscono le diverse fasi della giornata (alba,
mattino, pomeriggio, sera e notte).
fa piacere sentire tanto affetto, da persone che in fondo mi conoscono solo virtualmente.
Ho scritto questi pochi versi nel mio post precedente, per mia zia Bruna, sorella di mio nonno, scomparsa in questi giorni dopo mesi e mesi di grandi sofferenze, tra ospedale e casa.
Bruna, sapeva benissimo che la sua ora era arrivata e come le persone di un tempo aveva preparato tutto il necessario per fare questo viaggio, se così possiamo definirlo. Per questo mi faceva ancora più tenerezza. Mi mancherà tanto, e in questi giorni tutti i ricordi mi vengono alla mente...da quando, bambina giocavo a casa sua, ad oggi. Ma non voglio rattristarmi, lei sarà sempre nel mio cuore, nei miei ricordi...
Girando su internet ho trovato parole rigurdo la morte che mi sono piaciute molto... credo che sia il modo giusto di pensare alla persona, quando inizia questo nuovo viaggio...
La morte non è niente
di Henry Scott Holland
La morte non è niente. Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.
Grazie ancora per l'affetto dimostrato da tutti voi...
Un abbraccio a tutti e Buona domenica
Una giornata speciale che non dimenticherò mai, il 4 ottobre 2013....
Ho aspettato, per pubblicare questo video, e lo faccio solo ora, dopo che l'ha pubblicato la Santa Sede e il nostro Istituto tramite i loro siti ufficiali.
Penso sia giusto presentare questo video, perchè credo che si debba essere orgogliosi di questi ragazzi, come ogni madre dei propri figli... che non si debbano nascondere come fossero una vergogna. Ognuno di noi ha delle foto o dei video con i propri cari che a volte mostra con orgoglio.
E' un video forte, per chi non ha mai visto questa realtà ma l'ha solo immaginata dal di fuori, ne sono consapevole, e dopo averlo visto non sarete più gli stessi, ma sicuramente migliori... e sarà motivo di riflessione per tutti...
Questo è il mio lavoro, che amo profondamente e che faccio dal 1992.
Consiglio a tutti di guardare e di ascoltare il discorso fatto dal sindaco di Assisi al min. 0.41.58 minuto, ma soprattutto consiglio di ascoltare le parole, e fino alla fine, della nostra presidente Francesca di Maolo al min 0.47.14...
Non aggiungo altro, solo una mia riflessione: ci sono giorni che abbracciandoli penso ... " tu non sai quanto anche io ho bisogno del tuo abbraccio"
... è un donarsi a vicenda.
Ho avuto anche il piacere di stringere la mano a Giuseppe Fiorello e a sua moglie, persone davvero speciali
dipinto di Vilma Bellucci tutti i diritti riservati
-il cammino fra i colori- tempera su grana telata 30x40
Ero indecisa, se farne mille pezzi, ma visto che oramai questo dipinto era nato e per me un significato importante lo aveva, ve lo mostro anche se all'inizio non ero molto soddisfatta... poi mi ci sono affezionata, come a tutte le mie opere. Insomma, diciamo che ho iniziato con un idea in testa, ed ho finito a fare altro, ma il significato è comunque li, fra quei colori...
a proposito, il piede è mio...
"Non essere mai soddisfatti: l'arte è tutta qui" (Jules Renard)
- i colori della vita - pastelli acquarellabili su grana telata 30x40
Il nero è la somma di tutti i colori, li racchiude tutti, dal bianco al rosso, dal giallo al verde, in tutte loro sfumature...
dipinto di Vilma Bellucci tutti i diritti riservati
"Quest'opera non ha bisogno di commenti perchè ha tutto un mondo dentro."
E' stato il commento di una persona a me molto cara, che ancora oggi frequento, che a suo tempo, mi ha fatto conoscere, e mi ha indirizzata verso il mondo dell'arte in genere e in tutte le sue sfumature, insistendo, perchè anche io frequentassi, i corsi serali della scuola d'arte di Perugia. Iniziai così a giocare con le parole, con i colori, con la natura, con le mie emozioni. I miei occhi non erano più gli stessi, vedevo ciò che prima sembrava non esserci, un mondo chiaro solo, a chi ha una sensibilità più accentuata.
Con i colori della vita auguro buona settimana a tutti !!!
come vorrei camminare dove la ricerca della quiete diventa pensiero e il fluire dell'energia copre ogni fragore
tra piante e fiori acqua e sassi seguire l'aprirsi di un sentiero ascoltando fra le fronde il fruscio del vento
ammirare i ciliegi in fiore quando il vento ne rapisce le corolle per spargerle e rivestire il prato
in quell'intima solitudine dove palpita la vita dove i gesti minimi riacquistano importanza predisporre l'anima all'equilibrio giusto
e come camelia accanto all'acqua in quel gioco di specchi ripetere l'incanto di un fiore che galleggia
***
tutti i diritti riservati
Vilma Bellucci
Sono stata sempre affascinata dal mondo orientale e da questi stupendi giardini, ma non ho avuto mai il piacere di poter visitare quei luoghi... ma l'immaginazione ha dato vita a questa poesia.
prima che sussurri l'autunno il suo dolce canto tra il fogliame riportami su cari sentieri ai fasci di luce del silente chiostro sulla strada degli ulivi d'argento all'armonia di grilli e cicale e all'ombra del primo bacio ... baciami ancora
quando verrò da te... lascia correre i miei occhi su distese infinite dove i colori sono tappeti di velluto ed è carezza ogni petalo di fiore
quando verrò da te... lascia correre la mia mente come figlia del vento tra nuvole sognanti e leggere e alla luce del sole
quando verrò da te... lascia correre il mio cuore abbracciami ancora e ancora come non lo avessi fatto da tempo e i miei occhi saranno lucciole di sera
poi prendimi per mano e lascia che io liberi in volo le mie parole
Quando il sole tramontava ed il vento suonava le sue
canzoni sugli angoli delle casa come sulle corde di un violino, ci si
radunava nella grande cucina. Un grande tavolo al centro faceva da
padrone, contornato da sedie impagliate di vimini che sembravano
vestite a festa. Il grande camino occupava una parete intera e vi
erano ai lati due grandi nicchie. Ed io, che ero ancora una bambina
in cerca di emozioni, non potevo non provare entrambe le parti. Così
mi sedevo una volta da una parte e la volta dopo dall'altra, per
guardare la differenza del riflesso della fiamma sulle varie
angolazioni delle pareti della cucina. Sul caldaro in rame appeso al
centro del focolare, invecchiato stagione dopo stagione e nero dal
troppo lavoro svolto, le lingue di fuoco schizzavano le loro
sfumature dorate e l'acqua che bolliva con la legna che scoppiettava,
sembravano vecchi amici a canticchiare. Quel gioco di ombre e luci
che si rifletteva sui miei vestiti e nei miei occhi come in uno
specchio, mi rendeva più docile di quello che già non ero, un
colloquio intimo, fra me e la vita che era appena iniziata.
Era in quelle nicchie che mia nonna mi raccontava le
sue favole speciali, dove non c'erano né fate né principi dagli
occhi azzurri e la bella addormentata era ogni donna dominata dalla
stanchezza del troppo lavoro del giorno. Le sue favole era pezzi
della propria vita, e forse non erano proprio racconti adatti ad una
bambina, ma lei sapeva sempre trovare le parole giuste per spiegare e
non spaventare una bambina, che ascoltando cominciava a farsi le
prime grandi domande della vita. Io ero molto attenta ad ogni
particolare, e facevo domande e domande sui tempi di guerra. La nonna
era come se accudiva un frutto ancora acerbo con carezze e con calde
e sagge parole. Mi diceva che come le stagioni anche la vita ha i
suoi momenti, che vi sono momenti di grande freddo, di desolazione e
assenza di sogni, momenti di malinconia e di pioggia, ma che ci sono
anche momenti di sole, di gioia e di speranza.
Ricordo che anche il vento si era calmato e
sussurrava appena, ma il buio ed il freddo fuori ancora toglieva il
respiro e si avvicinava per me, che ero la più piccola, l'ora di
andare a dormire e lasciare quelle fiamme che ancora sfarfallavano,
sfogliando nei miei occhi parole e frasi alle quali avrei voluto
ancora fare domande in tutte le lingue del mondo.
Mentre m'infilavo nel confortevole tepore del grande
letto riscaldato dal carbone, spiavo dalle persiane rotte e
semichiuse la luna nel cielo, che vegliava il mondo con il suo
sguardo immenso e sognando la vita che avrei voluto, piano piano mi
addormentavo.
Il giorno dopo giocavo senza pensieri con quel poco
che avevo, in casa o nel cortile, in fondo ero ancora una bambina...
Mi piace aggiungere qui sotto alcuni commenti che mi sono stati fatti in altra sede
Ringrazio ancora...
Un
haiku significativo, reso tale dall'aggettivo "frivoli" e da quei
sussurri onomatopeici che rivelano, sommessamente, dei segreti. I soffi
leggeri ( frivoli ci autorizza a definirli così), che possiamo
identificare in brezze primaverili, si muovono discretamente fra fili
d'erba ( anche questo è un riferimento alla stagione) e ci riportano a
quelle voci misteriose della Natura, che non tutti sono in grado di
cogliere ma che sono immanenti, raggiungendo il cuore di chi si pone in ascolto. Molto bello Elisabetta Salimbeni
Si
percepisce sensibilmente quel senso di eterea leggerezza che
infonde,come pure quell'atmosfera di salottiera complicità per
intriganti confidenze. Bello.
Ho trovato questo brano nel web e leggendolo mi ha emozionata tanto, mi ha toccato il cuore tanto da avere le lacrime agli occhi alla fine della lettura. Forse perchè ho una figlia ballerina.
"Allacciati
le scarpe, non importano le vesciche, non importa quanto parquet
solcheranno, quante piste, quante delusioni, quante amarezze, quanti
attimi di gloria e di sconfitta.. Allacciati le scarpe, non importa
quanto piangerai mentre lo farai, quante cose penserai mentre stringi
quei nodi, quante volte vedrai il tuo passato e quante volte avrai poca
fiducia nel futuro. Allacciati le scarpe, la musica
ti aspetta, c'è chi crede in te ogni istante del tuo percorso, c'è chi
ti deluderà, c'è chi amerà ciò che sei per quel che darai, anche se ti
sembrerà sempre poco, anche quando la tua anima vibrerà forte e gli
occhi saranno lucidi, anche quando basta un solo attimo per sentirsi
perdenti ed un intera vita non basterà per essere vincenti, quando
vorresti abbandonare tutto per niente, perchè quel niente è il tuo
tutto, il tuo mondo. Allacciati le scarpe, quando vorresti esplodere,
scappare dalla realtà per vivere in un paradiso tuo, dove il tuo cuore
batte il ritmo di ciò che sei dentro. Allacciati le scarpe, perchè tu
hai scelto ciò che ami, che hai sempre amato, e non pensare, agisci,
quella pelle lucida un giorno non sarà più la stessa, misurerà ogni
istante dei tuoi sacrifici, dei tuoi allenamenti. Allacciati le scarpe,
per i tuoi genitori, per la tua partner, per i tuoi insegnanti, per i
tuoi atleti, ma soprattutto per te stesso, perchè tu hai scelto un arte
pura, dove solo tu
sei il protagonista..."
Alessandro Olivato da "Sogno di
Un Atleta"
Questa è mia figlia Martina con il suo ballerino Lorenzo
(prima di aprire questo filmato, silenziare il video qui a fianco nella barra laterale)