lunedì 29 aprile 2013

tanka

raggio di luce
solleticando sfiora
i piedi nudi

nell'accenno di un bacio
carezza come seta


***

 Tutti i diritti riservati
© Vilma Bellucci



mercoledì 24 aprile 2013

tanka

 
 

 il sole abbraccia
illuminando il mare
con i suoi raggi

che nei suoi occhi incantati
brillano di riflesso
 







martedì 23 aprile 2013

Vedrai...




tutte le foglie cadono
per tornare alle origini
e rinascere di nuovo

è allora...
che scenderà la pioggia
inevitabilmente
e tu annaffierai le tue radici

e saranno alberi fioriti
su terreno fertile

i sospiri
diventeranno suoni
e sarà di nuovo 
gioco di parole
e ciglia stese al sole
su prati fioriti


***

 Tutti i diritti riservati
© Vilma Bellucci






mercoledì 17 aprile 2013

Solo dieci parole...

Crea un romanzo brevissimo, utilizzando al massimo dieci parole ...dai provaci !
Così recitava la pagina di un gruppo di poeti...
Una piccola grande biblioteca di narratori, sull'onda di un esercizio stilistico diventato ormai comune a molti. In quel gruppo si invitava a creare dei "mini racconti", chiamiamoli così... noir, sentimentali, storici, erotici, umoristici, di fantascienza, di fantasy..... non importa il genere, ma è fondamentale che in dieci parole si crei una piccola narrazione d'impatto, da far leggere a tutti quelli che apprezzano la brevità, la velocità del pensiero e la leggerezza dell'Arte.
In dieci parole si può davvero dire tanto, è così che, invitata... ho voluto provare anche io con degli argomenti sociali.





-povertà-
il risultato delle decisioni di chi ha le tasche piene



-morto ammazzato-
mentre soffi parole un numero della cabala sei già diventato





Vilma Bellucci tutti i diritti riservati
17 aprile 2013

sabato 13 aprile 2013

haiku n° 30



pioggia d'amore-
si fondono due gocce
in un'unica




 Tutti i diritti riservati
© Vilma Bellucci






mercoledì 10 aprile 2013

Amo la pioggia



amo la pioggia
quella che ti cade addosso
nei giorni d'estate
all'improvviso

quella che aspetti con ansia
perché come la terra
brami la sua goccia
che bagna e lava
e ti dona vita

quella che ti fa
allargare le braccia
per prenderla tutta
e ti strappa un sorriso
mentre la gente ti guarda
come se fossi pazza

quella che mette in chiaro
sin dalle prime gocce
che sarà un contatto
carnale e libertino
perché dal collo
serpeggiando rapida
scende al fondo schiena

e poi ti disarma
ridestando  profumi e sapori
quando le sue fragili gocce
penetrano nella terra riarsa

amo la pioggia
il suono della sua voce
che continua a cantare
di notte sul davanzale

e avvolta sono
dal caldo tepore delle tue braccia


***

 Tutti i diritti riservati
© Vilma Bellucci




lunedì 8 aprile 2013

Per riflettere sulle directory basate su classifiche




Oggi vorrei esprimere una mia opinione riguardo a motori di ricerca e directory basati su classifiche.
Naturalmente non sono l'unica ad avere avuto perplessità al riguardo che poi sono diventate certezze.
All'inizio si pensa sia uno strumento utile per far conoscere il proprio blog e soprattutto a raggiungere meglio i possibili interessati agli argomenti che tratti. A distanza di tempo, è evidente che questo tipo di classifiche non portano nessun vantaggio. Basta controllare per capire. Si è in una classifica e basta, è solo una mossa pubblicitara perché essere primi o ultimi li non conta nulla. Gli unici che ci guadagnano sono i siti stessi, con le visite da chi è iscritto, ed i click sui banner. Per quanto ne so, e dopo essermi informata da chi più di me ne sa del mondo di internet, nessun sito di quel tipo può cambiare la visibilità di un altro.Molti pensano che le classifiche di Google vengano stilate rispetto alla quantità di visitatori che uno spazio web riceve: più visitatori ha un sito, più Google lo mette in alto in classifica. E' errato. Google non sa quante visite riceve il sito X e quante il sito Y. È del tutto inesatto pensare che ogni persona che visita il mio sito, aumenta la mia posizione su Google. Il rank di un blog si basa sulla qualità dei contenuti e su quanto vieni linkato da altri siti ... e altri mille fattori, non certo su una classifica, che tra l'altro è alterabile in mille modi... e tutti noi lo sappiamo. Ho deciso quindi di cancellarmi da net parade... sito inutile come tanti altri di questo genere da cui mi sono cancellata in passato. Di certo chi mi conosce e mi apprezza non ha bisogno di vie traverse per venire nel mio blog.
Ringrazio di cuore tutti coloro che passano per il mio blog, sia quelli che lasciano un segno del loro passaggio, ma anche chi non lo fa.







domenica 7 aprile 2013

Ho imparato ad amare Pirandello


Circostanze hanno voluto che mi parlassero di Pirandello e mi prestassero un suo libro... non che io non lo conoscessi ma sentirne parlare con tanto entusiasmo mi ha fatto pensare e riflettere. Il fatto è, che legggere un libro in età più matura di quella scolastica, è tutt'altra cosa, e vi giuro che all'epoca Pirandello mi sembrava antipatico ed anche molto noioso...e comunque ci sono libri che andrebbero letti più di una volta per capirli profondamente.

 -Il fu Mattia Pascal-

Il fu Mattia Pascal è il più famoso romanzo del drammaturgo e narratore siciliano. Venne pubblicato nel 1904 e più volte ristampato negli anni successivi. Racconta la storia di Mattia Pascal che, intrappolato in difficili rapporti familiari, angustiato dai dissidi coniugali e dai debiti, si vede prospettare un giorno la possibilità di fingersi morto, quando nelle acque di un vecchio mulino viene ritrovato il cadavere di un suicida, cui viene attribuita, frettolosamente, complice la moglie e la suocera, la sua identità.
All'inizio egli, prendendo l'identità fittizia di Adriano Meis, sembra assaporare l'eccitazione della nuova libertà, riuscendo a mantenersi con una cospicua vincita al casinò di Montecarlo, ma quando, solo e annoiato dai viaggi, invece di osservare gli altri vivere, prende egli stesso l'iniziativa, si innamora (della tenera e sottomessa Adriana) e patisce alcuni affronti (un furto, una sfida a duello), capisce l'impossibilità di vivere fuori dalle leggi e dalle convenzioni che gli uomini si sono dati. Scopre che "fare il morto non è una bella professione".Decide quindi di farla finita anche con la nuova identità, simulando il suicidio di Adriano Meis nelle acque del Tevere.Non gli rimane che tornare nei paesi d'origine, Oneglia e Miragno, scoprendo che nessuno lo riconosce più; persino il fratello Berto reagisce inizialmente con la paura non appena se lo trova davanti. Malgrado siano passati soltanto due anni, la moglie intanto si è risposata con Pomino, un amico d'infanzia di Mattia; hanno avuto già una bambina, conducono una vita normale e tutto sommato serena.
Arrivato con propositi di vendetta, Mattia Pascal ben presto li abbandona, convincendosi della loro inanità; lascia che la moglie e l'amico vivano in pace il loro menage coniugale, si riprende il vecchio posto alla biblioteca e qualche volta visita al cimitero la propria tomba, deponendovi pure dei fiori.
Il tema principale de Il fu Mattia Pascal è ancora quello, così caro a Pirandello, dell'identità.
Mattia ha un difficile rapporto, non solo con la propria interiorità ma anche con il proprio corpo: ha difficoltà ad identificarssi con se stesso. Spia di questo malessere è l'occhio strabico, che guarda altrove.

"Fuori dalla legge e fuori di quelle particolarità, liete o tristi che siano, per cui noi siamo noi, caro signor Pascal, non è possibile vivere".

Il messaggio del libro è che, chi non è riconosciuto dalla legge e dalle burocrazie, non esiste. È il dramma delle società moderne. La persona che noi rappresentiamo, non è solo una maschera che ci inchioda in un'esistenza che sentiamo inautentica, ingabbiandola, a volte, in un inferno senza vie d'uscita. È paradossalmente proprio questa maschera che indossiamo nella vita sociale, l'unica che ci permette di manifestare, pur con le dovute e dolorose limitazioni, la nostra genuina personalità e di dare una forma alla nostra esistenza. Le convenzioni sociali, storicamente determinate, sono le coordinate che delimitano la nostra esperienza vitale, pur creando un tragico dissidio tra uomo e società, tra essere e apparire. Pirandello sembra qui anticipare motivi della psicologia del profondo.
Altri motivi del romanzo sono l'importanza del caso e dell'assurdità nel condizionare l'esistenza dell'individuo (è impossibile "volere estrarre la logica dal caso, come dire il sangue dalle pietre") e la crisi dell'uomo moderno che, dopo le teorie di Copernico, scopre di non essere più al centro dell'universo ("Copernico, Copernico, don Eligio mio, ha rovinato l'umanità, irrimediabilmente. Ormai noi tutti ci siamo a poco a poco adattati alla nuova concezione dell'infinita nostra piccolezza, a considerarci anzi men che niente nell'Universo... Storie di vermucci ormai, le nostre").
(dal web)
Più riguardo a Il fu Mattia Pascal

Aggiungo alcuni link che vi potrebbero interessare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Il_fu_Mattia_Pascal
http://www.liberliber.it/mediateca/libri/p/pirandello/il_fu_mattia_pascal/pdf/il_fu__p.pdf

Qui potete leggere una silloge Pirandelliana
http://senzamaninbicicletta.blogspot.it/search/label/pirandelliana

martedì 2 aprile 2013

La separazione... tema scottante ed attuale

Il numero dei divorzi è in aumento ed ormai la maggior parte di noi lo ha sperimentato in prima persona o condiviso con parenti o amici. La separazione è un tema scottante ed attuale.

Chiudere il matrimonio psicologicamente è molto più difficile. La separazione, nella maggior parte dei casi si lascia dietro un inevitabile dolore. Là dove la separazione emotiva non avviene, sorgono problemi nei figli, si richiama alla necessità di recuperare l’altro come persona e come genitore necessario al bambino, e l’attenzione alle reciproche ombre impedisce di trovare un accordo.
Incomprensioni creano odio, e succede spesso che i figli non vogliono incontrare uno dei due genitori.
Ieri, giorno di festa, ho pensato a questo...
Dedico questa poesia a chi per separazioni o altri motivi, si trova solo, e non può incontrare i propri figli...perchè credo, che proprio nei giorni di festa il dolore di questa solitudine si fa sentire di più.






-L'eco delle tue catene-

è nei giorni di festa
che le mura
ti si stringono addosso
in un abbraccio di dolore

e l'immenso vuoto che ti circonda
dà voce al silenzio

è l'eco delle catene
che legano il tuo cuore
in un nodo stretto

e nell'intenso fluire della mente
con occhi vuoti e persi
cammini a piedi nudi
nella spiaggia dei ricordi
cercando l'orizzonte

riassapori attimi d'emozioni
di carezze e di sorrisi

è allora
che guardi dai vetri
la tenerezza della pioggia
che annaffia le radici


***

 Tutti i diritti riservati
© Vilma Bellucci




lunedì 1 aprile 2013

"L'uccello in chiesa" di Trilussa



L'uccello in chiesa


Era d’agosto e un povero uccelletto,
ferito dalla fionda d’un maschietto,
andò, per riposare l’ala offesa,
sulla finestra aperta d’una chiesa.
Dalle tendine del confessionale
il parroco intravide l’animale
ma, pressato dal ministero urgente,
rimase intento a confessar la gente.
Mentre in ginocchio alcuni, altri a sedere
dicevano i fedeli le preghiere,
una donna, notato l’uccelletto,
lo prese al caldo e se lo mise al petto.
D’un tratto un cinguettio ruppe il silenzio
e il prete a quel rumore
il ruolo abbandonò di confessore
e scuro in viso peggio della pece
s’arrampicò sul pulpito e poi fece:


 
“Fratelli, chi ha l’uccello, per favore,
esca fuori dal tempio del Signore.” 
 I maschi, un po’ stupiti a tal parole,
lenti s’accinsero ad alzar le suole.
Ma il prete a quell’errore madornale

“Fermi!”, gridò, “mi sono espresso male.
Rientrate tutti e statemi a sentire:
solo chi ha preso l’uccello deve uscire.”

A testa bassa, la corona in mano,
cento donne s’alzarono pian piano.
Ma mentre se n’andavano ecco allora
che il parroco strillò:
 
“Sbagliate ancora! Rientrate tutte quante,
 figlie amate, ch’io non volevo dir quel
che pensate.” “Ecco, quello che ho detto
torno a dire: solo chi ha preso l’uccello
deve uscire, ma mi rivolgo, non ci sia sorpresa,
soltanto a chi l’uccello ha preso in chiesa.” 
Finì la frase e nello stesso istante
le monache s’alzaron tutte quante,
e con il volto pieno di rossore
lasciavano la casa del Signore.

“Oh Santa Vergine!”, esclamò il buon prete,
“Fatemi la grazia, se potete!
Poi: “Senza fare rumore dico, piano piano,
s’alzi soltanto chi ha l’uccello in mano.” 
Una ragazza, che col fidanzato
s’era messa in un angolo appartato,
sommessa mormorò, col viso smorto:

“Che ti dicevo? Hai visto? Se n’è accorto!”
  



 
Carlo Alberto Salustri, più conosciuto con lo pseudonimo di Trilussa - anagramma del cognome - è stato un poeta italiano noto per le sue composizioni in dialetto romanesco.
Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nominò Trilussa senatore a vita il 1 dicembre del 1950, venti giorni prima che morisse (si legge in uno dei primi numeri di "Epoca" dedicato, alla notizia del suo decesso, che il poeta, già da tempo malato, e presago della fine imminente, con immutata ironia, avesse commentato: "M'hanno nominato senatore a morte"; resta il fatto che Trilussa, benché 79enne al momento del trapasso, si ostinava con civetteria d'altri tempi a dichiarare di averne 73).
Trilussa fu il terzo grande poeta dialettale romano comparso sulla scena dall'Ottocento in poi: se Belli con il suo realismo espressivo prese a piene mani la lingua degli strati più popolari per farla confluire in brevi icastici sonetti, invece Pascarella propose la lingua del popolano dell'Italia Unita che aspira alla cultura e al ceto borghese inserita in un respiro narrativo più ampio. Infine Trilussa ideò un linguaggio ancora più prossimo all'italiano nel tentativo di portare il vernacolo del Belli verso l'alto. Trilussa alla Roma popolana sostituì quella borghese, alla satira storica l'umorismo della cronaca quotidiana.
(da Wikipedia)