lunedì 31 ottobre 2011

Ne statue ...ne marmi...






Un manto di nebbia
ad incoronare in cima alla collina
alti cipressi.

Esili atomi si sciolgono
in lacrime di pioggia
a nasconder l'odore della morte.
Soffice il vento
 tra fioche fiammelle,
è la voce del silenzio
che canta al tempo
che si è fermato ad aspettare.
Né statue … né marmi
copriranno il mio corpo stanco,
né ricche corone di fiori importanti.
Solo un umile croce bianca,
un girasole e semplici fiori di campo,
e se vorrete
un pensiero per me … ogni tanto.

***23 maggio 2011



Licenza Creative CommonsQuesto opera è di Vilma Bellucci ed è distribuita con licenza Creative Commons

martedì 25 ottobre 2011

Ho paura di non saper dire addio



Apro gli occhi … intorno a me il silenzio.
L'aria è stagnante, respiro a fatica
e non basta aprire le finestre.
Vorrei fuggire da questa realtà,
ma incollata sono, ogni giorno
a questo bianco e gelido letto.
Umide scie solcano il volto
mentre cerco fiato da respirare
per non soffocare in un singulto.
Doloroso sarà vedere il mondo
proseguire incurante del fatto,
che io non ne possa seguire il passo.
Ma dovrò imparare a vivere a quest'altezza.
Ogni viso, ogni nome da oggi sarà nuovo,
nessuna faccia somiglierà più a quella di prima.
Conterò i giorni come grani di rosario
nell'illusione di una grazia.
Sarò l'ombra di un mercante di sogni rubati
nell'attesa di lanciare per l'ultima volta i miei dadi.
Mentre il mio corpo pallido, si consumerà
al passaggio lento ed inesorabile
del sangue infetto che scorre nelle mie vene
a corrodere avidamente speranze e desideri
e nutrendosi delle mie amare illusioni.
Prego in silenzio … parlo sottovoce
mentre l'ago della dialisi
mi sputa nelle vene un altro giorno di vita.
O Dio...
ho paura, si … lo ammetto,
paura che il giorno finisca troppo presto
e che la notte giunga senza luna.
Ho paura di non riuscire a saper dire addio
e di non poter dare quell'ultima carezza.


***
28 Maggio 2011


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Questo opera è di Vilma Bellucci ed è distribuita con licenza Creative Commons



Aurelio Zucchi della mia poesia "Ho paura di non saper dire addio" dice ...

Si legge bene, produce emozione, fa pensare, è poesia importante. Potrei cavarmela così e assolvere quindi al desiderio di lasciare anch’io una considerazione. Ho letto, però, più volte questo scritto e non solo perché memore dell’esperienza analoga vissuta da mio padre e, di riflesso, da me. Non è facile commentare questo tuo susseguirsi incalzante di versi nei quali la vita (tra paure e speranze) e la morte (tra paure e paure) sembrano fondersi in un’unica entità universale. Sarebbe facile, ora, farti i miei più sinceri complimenti per il riconoscimento ottenuto e chiudere a questo punto la mia analisi ma, entrando nella sfera espressiva che riguarda ciascuno di noi cosiddetti poeti, mi piace annotare una riflessione. Si può fare poesia senza bisogno, per una volta, di chiedere in prestito le icone più riconosciute, alle quali senza che ce ne accorgiamo (?) affidiamo gli “effetti speciali” del nostro verseggiare. Mi riferisco, per esempio, alla luna, alle stelle, al mare, al sole, ad un lui, ad una lei, all’alba, al tramonto, alla notte, all’orizzonte, al firmamento, ad un fiore, ad un campo di grano. Io credo che si possa fare della buona poesia andando a pescare nel più profondo oceano che siamo, nei fondali sperduti delle nostre ansie, angosce e paure. Si può fare della buona poesia alzando gli occhi al cielo e contando fino alla noia i giorni che vorremmo per noi infiniti. Si può fare della buona poesia incatenandosi ad uno sfuggente senso del vivere, prendendo a riferimento un’apparecchiat ura da dialisi o un letto d’ospedale. E quando si riesce a stabilire con il nostro poetare un contatto d’assoluta intimità, quando non si ha il timore d’ostentare occhi lucidi o tremolio alle gambe, allora quello è il momento preciso, il momento topico, in cui possiamo “anche vantarci” di essere poeti davanti al mondo. Di questa connotazione ho sempre cercato di nutrire il mio scrivere, senza vergogna di mostrare agli altri debolezze e sogni, anche i più reconditi. Ecco perché ho avvertito in questo testo (drammatico per alcuni versi ed educativo per altri) il senso quasi compiuto del sentirsi forti al di là di ogni tentazione malefica e distruttiva che vorrebbe insidiarci. Leggendo della tua accettazione, della tua consapevolezza e del tuo coraggio, mi viene da pensare che la vita, nelle sue più reali o più assurde sfaccettature, ci richieda a volte una stasi, un tempo nel quale fermarci e guardare le nude armi che abbiamo per difenderci. L’ho fatta troppo lunga e alla fine ho detto molto meno meglio di te quanto tu hai invece saputo narrare invitando con la tua “presa diretta” il lettore a “non avere paura”.
Infatti, in questo passaggio: "Ho paura di non riuscire a saper dire addio e di non poter dare quell'ultima carezza" paradossalmente , esprimi il grande anelito alla vita. In quell’ultima carezza c’è il ricordo della prima, della seconda…. e della penultima e nel ricordo si rinnova la gioia del poterla replicare.
Infine, per entrare nel cuore di un tanto potente quanto raffinato verseggiare, ti rubo questi versi :
"Sarò l'ombra di un mercante di sogni rubati nell'attesa di lanciare per l'ultima volta i miei dadi."
Continua a scrivere, ne vale la pena.

Francesco Carlucci della mia poesia "Ho paura di non saper dire addio" dice ...

L'autrice però, ha sapientemente traslato il dolore a chi realmente lo portava, come a dire ...
il vero dolore è del Cristo che portava la croce che non sapeva come dire al mondo ... VADO VIA, ma vi lascio spero il mio ricordo e il mio amore; e non di chi vive il dolore indirettamente ...

Una poesia che lascia traccia ... ma senza far male, perchè il vero contenuto ((almeno secondo il sottoscritto) è che chi soffre cerca di farlo in silenzio per evitare ulteriore dolore, ma nel suo cuore soffre immensamente non per la malattia che lo consuma... ma per la paura di non vedere nei propri occhi il viso di chi ha amato!




lunedì 24 ottobre 2011

Basterebbe una goccia




Eccomi...

Nel silenzio della notte
ancora una volta.

Basterebbe una goccia
a rendere il movimento.

Immobile attendo
ciò che non sarà

L'alba è ancora lontana


***
27 ottobre 2011


Licenza Creative CommonsQuesto opera è di Vilma Bellucci ed è distribuita con licenza Creative Commons

venerdì 14 ottobre 2011

Con le dita impregnate



L'alba incendia il mattino,
nuovi colori, altre sfumature,
ma pur sempre la stessa luce.
Allungare le mie estremità,
toccare...ecco cosa vorrei fare,
riempirmi le mani di quei colori
vedermeli scorrere fra un dito e l'altro,
lasciarmeli colare addosso...lentamente
questo dolce e magico succo di cielo e sole.
Con le dita impregnata
ridipingere il grigio muro
dove rimbalzano e muoiono
parole ormai rese cieche e mute
dal buio della solitudine.
***
3 marzo 2011


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sabato 8 ottobre 2011

Ti aspetto e ogni giorno





Ti aspetto e ogni giorno
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedo se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no, è qualcosa di più
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare

***

( da "La clinica dell'abbandono" di Alda Merini)

venerdì 7 ottobre 2011

Se non avessi visto





Non avessi mai visto il sole
avrei sopportato l'ombra
ma la luce ha aggiunto al mio deserto
una desolazione inaudita.


( Emily Dickinson)


Ricordo bene il tuo sguardo



Ricordo bene il suo sguardo.
Attraversa ancora la mia anima
come una scia di fuoco nella notte.
Ricordo bene il suo sguardo. Il resto…
Sì, il resto è solo una parvenza di vita.
Ieri ho passeggiato per le strade
come una qualsiasi persona.
Ho guardato le vetrine spensieratamente
e non ho incontrato amici con i quali parlare.
D’improvviso mi sono sentito triste,
mortalmente triste,
così triste che mi è parso di non poter
vivere un altro giorno ancora,
e non perché potessi morire o uccidermi,
ma solo perché sarebbe stato impossibile
vivere il giorno dopo e questo è tutto.
Fumo, sogno, adagiato sulla poltrona.
Mi duole vivere in una situazione di disagio.
Debbono esserci isole verso il sud delle cose
dove soffrire è qualcosa di più dolce,
dove vivere costa meno al pensiero,
e dove è possibile chiudere gli occhi
e addormentarsi al sole
e svegliarsi senza dover pensare
a responsabilità sociali
né al giorno del mese
o della settimana che è oggi.
Do asilo dentro di me come a un nemico
che temo d’offendere,
a un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.

***

(Fernando Pessoa)


mercoledì 5 ottobre 2011

Io ti chiesi





Io ti chiesi perché i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in un oscuro flutto.

Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste.


(Hermann Hesse)

martedì 4 ottobre 2011

Le più belle poesie




Le più belle poesie 
si scrivono sopra le pietre 
coi ginocchi piagati 
e le mani aguzzate dal mistero. 
Le più belle poesie si scrivono 
davanti a un altare vuoto, 
accerchiati da agenti 
della divina follia. 
Così, pazzo criminale qual sei 
tu detti versi all'umanità, 
i versi della riscossa 
e le bibliche profezie 
e sei fratello a Giona. 
Ma nella Terra Promessa 
dove germinano i pomi d'oro 
e l'albero della conoscenza 
Dio non è mai disceso nè ti ha mai maledetto. 
Ma tu sì, maledici 
ora per ora il tuo canto perchè 
sei sceso nel limbo, 
dove aspiri l'assenzio 
di una sopravvivenza negata.


(da "Vuoto d'amore" di Alda Merini)

lunedì 3 ottobre 2011

Quelle come me



Quelle come me regalano sogni,
anche a costo di rimanerne prive…
Quelle come me donano l’Anima,
perché un’anima da sola è come
una goccia d’acqua nel deserto…
Quelle come me tendono la mano
ed aiutano a rialzarsi, pur correndo il rischio
di cadere a loro volta…
Quelle come me guardano avanti,
anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro…
Quelle come me cercano un senso all’esistere e,
quando lo trovano, tentano d’insegnarlo
a chi sta solo sopravvivendo…
Quelle come me quando amano, amano per sempre…
e quando smettono d’amare è solo perché
piccoli frammenti di essere giacciono
inermi nelle mani della vita…
Quelle come me inseguono un sogno…
quello di essere amate per ciò che sono
e non per ciò che si vorrebbe fossero…
Quelle come me girano il mondo
alla ricerca di quei valori che, ormai,
sono caduti nel dimenticatoio dell’anima…
Quelle come me vorrebbero cambiare,
ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo…
Quelle come me urlano in silenzio,
perché la loro voce non si confonda con le lacrime…
Quelle come me sono quelle cui tu riesci
sempre a spezzare il cuore,
perché sai che ti lasceranno andare,
senza chiederti nulla…
Quelle come me amano troppo, pur sapendo che,
in cambio, non riceveranno altro che briciole…
Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso,
purtroppo, fondano la loro esistenza…
Quelle come me passano inosservate,
ma sono le uniche che ti ameranno davvero…
Quelle come me sono quelle che,
nell’autunno della tua vita,
rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti
e che tu non hai voluto…

(Alda Merini)

domenica 2 ottobre 2011

I poeti lavorano di notte




I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.

I poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.

(da "Destinati a morire di Alda Merini ")




sabato 1 ottobre 2011

Il mio passato



Spesso ripeto sottovoce
che si deve vivere di ricordi solo
quando mi sono rimasti pochi giorni.
Quello che è passato
è come se non ci fosse mai stato.
Il passato è un laccio che
stringe la gola alla mente
e toglie energie per affrontare il mio presente.
Il passato è solo fumo
di chi non ha vissuto.
Quello che ho già visto
non conta più niente.
Il passato ed il futuro
non sono realtà ma solo effimere illusioni:
Devo liberarmi del tempo
e vivere il presente giacché non esiste altro tempo
che questo meraviglioso istante.