L'uccello in chiesa
Era
d’agosto e un povero uccelletto,
ferito dalla fionda d’un maschietto,
andò, per riposare l’ala offesa,
sulla finestra aperta d’una chiesa.
ferito dalla fionda d’un maschietto,
andò, per riposare l’ala offesa,
sulla finestra aperta d’una chiesa.
Dalle
tendine del confessionale
il parroco intravide l’animale
ma, pressato dal ministero urgente,
rimase intento a confessar la gente.
Mentre in ginocchio alcuni, altri a sedere
dicevano i fedeli le preghiere,
una donna, notato l’uccelletto,
lo prese al caldo e se lo mise al petto.
D’un tratto un cinguettio ruppe il silenzio
e il prete a quel rumore
il ruolo abbandonò di confessore
e scuro in viso peggio della pece
s’arrampicò sul pulpito e poi fece:
“Fratelli, chi ha l’uccello, per favore,
esca fuori dal tempio del Signore.”
il parroco intravide l’animale
ma, pressato dal ministero urgente,
rimase intento a confessar la gente.
Mentre in ginocchio alcuni, altri a sedere
dicevano i fedeli le preghiere,
una donna, notato l’uccelletto,
lo prese al caldo e se lo mise al petto.
D’un tratto un cinguettio ruppe il silenzio
e il prete a quel rumore
il ruolo abbandonò di confessore
e scuro in viso peggio della pece
s’arrampicò sul pulpito e poi fece:
“Fratelli, chi ha l’uccello, per favore,
esca fuori dal tempio del Signore.”
I
maschi, un po’ stupiti a tal parole,
lenti s’accinsero ad alzar le suole.
Ma il prete a quell’errore madornale
“Fermi!”, gridò, “mi sono espresso male.
Rientrate tutti e statemi a sentire:
solo chi ha preso l’uccello deve uscire.”
A testa bassa, la corona in mano,
cento donne s’alzarono pian piano.
Ma mentre se n’andavano ecco allora
che il parroco strillò:
lenti s’accinsero ad alzar le suole.
Ma il prete a quell’errore madornale
“Fermi!”, gridò, “mi sono espresso male.
Rientrate tutti e statemi a sentire:
solo chi ha preso l’uccello deve uscire.”
A testa bassa, la corona in mano,
cento donne s’alzarono pian piano.
Ma mentre se n’andavano ecco allora
che il parroco strillò:
“Sbagliate
ancora! Rientrate tutte quante,
figlie amate, ch’io non volevo dir quel
che pensate.” “Ecco, quello che ho detto
torno a dire: solo chi ha preso l’uccello
deve uscire, ma mi rivolgo, non ci sia sorpresa,
soltanto a chi l’uccello ha preso in chiesa.”
figlie amate, ch’io non volevo dir quel
che pensate.” “Ecco, quello che ho detto
torno a dire: solo chi ha preso l’uccello
deve uscire, ma mi rivolgo, non ci sia sorpresa,
soltanto a chi l’uccello ha preso in chiesa.”
Finì la frase e nello
stesso istante
le monache s’alzaron tutte quante,
e con il volto pieno di rossore
lasciavano la casa del Signore.
“Oh Santa Vergine!”, esclamò il buon prete,
“Fatemi la grazia, se potete!
Poi: “Senza fare rumore dico, piano piano,
s’alzi soltanto chi ha l’uccello in mano.”
le monache s’alzaron tutte quante,
e con il volto pieno di rossore
lasciavano la casa del Signore.
“Oh Santa Vergine!”, esclamò il buon prete,
“Fatemi la grazia, se potete!
Poi: “Senza fare rumore dico, piano piano,
s’alzi soltanto chi ha l’uccello in mano.”
Una
ragazza, che col fidanzato
s’era messa in un angolo appartato,
sommessa mormorò, col viso smorto:
“Che ti dicevo? Hai visto? Se n’è accorto!”
s’era messa in un angolo appartato,
sommessa mormorò, col viso smorto:
“Che ti dicevo? Hai visto? Se n’è accorto!”
Carlo
Alberto Salustri, più conosciuto
con lo pseudonimo
di Trilussa
- anagramma
del cognome
- è stato un poeta italiano noto per le sue composizioni in
dialetto romanesco.
Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nominò Trilussa senatore a
vita il 1 dicembre del 1950,
venti giorni prima che morisse (si legge in uno dei primi numeri di
"Epoca" dedicato, alla notizia del suo decesso, che il
poeta, già da tempo malato, e presago della fine imminente, con
immutata ironia, avesse commentato: "M'hanno nominato senatore a
morte"; resta il fatto che Trilussa, benché 79enne al momento
del trapasso, si ostinava con civetteria d'altri tempi a dichiarare
di averne 73).
Trilussa
fu il terzo grande poeta dialettale romano comparso sulla scena
dall'Ottocento
in poi: se Belli con il
suo realismo
espressivo prese a piene mani la lingua degli strati più popolari
per farla confluire in brevi icastici sonetti, invece Pascarella
propose la lingua del popolano dell'Italia
Unita che aspira alla cultura e al ceto borghese inserita in un
respiro narrativo più ampio. Infine Trilussa ideò un linguaggio
ancora più prossimo all'italiano
nel tentativo di portare il vernacolo del Belli
verso l'alto. Trilussa alla Roma popolana sostituì quella borghese,
alla satira storica l'umorismo della cronaca quotidiana.
(da
Wikipedia)
Ciao Vilma bellissima e molto simpatica questa poesia del Trilussa, sempre divertente, grazie, mi piace questo autore per la sua ironia e il suo dialetto romano che enfatizza quello che scrive, ciao buona Pasquetta rosa a presto.))
RispondiEliminabellissima la poesia ma non è di Trilussa... è di Natale Polci
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