quando verrò da te... lascia correre i miei occhi su distese infinite dove i colori sono tappeti di velluto ed è carezza ogni petalo di fiore
quando verrò da te... lascia correre la mia mente come figlia del vento tra nuvole sognanti e leggere e alla luce del sole
quando verrò da te... lascia correre il mio cuore abbracciami ancora e ancora come non lo avessi fatto da tempo e i miei occhi saranno lucciole di sera
poi prendimi per mano e lascia che io liberi in volo le mie parole
Quando il sole tramontava ed il vento suonava le sue
canzoni sugli angoli delle casa come sulle corde di un violino, ci si
radunava nella grande cucina. Un grande tavolo al centro faceva da
padrone, contornato da sedie impagliate di vimini che sembravano
vestite a festa. Il grande camino occupava una parete intera e vi
erano ai lati due grandi nicchie. Ed io, che ero ancora una bambina
in cerca di emozioni, non potevo non provare entrambe le parti. Così
mi sedevo una volta da una parte e la volta dopo dall'altra, per
guardare la differenza del riflesso della fiamma sulle varie
angolazioni delle pareti della cucina. Sul caldaro in rame appeso al
centro del focolare, invecchiato stagione dopo stagione e nero dal
troppo lavoro svolto, le lingue di fuoco schizzavano le loro
sfumature dorate e l'acqua che bolliva con la legna che scoppiettava,
sembravano vecchi amici a canticchiare. Quel gioco di ombre e luci
che si rifletteva sui miei vestiti e nei miei occhi come in uno
specchio, mi rendeva più docile di quello che già non ero, un
colloquio intimo, fra me e la vita che era appena iniziata.
Era in quelle nicchie che mia nonna mi raccontava le
sue favole speciali, dove non c'erano né fate né principi dagli
occhi azzurri e la bella addormentata era ogni donna dominata dalla
stanchezza del troppo lavoro del giorno. Le sue favole era pezzi
della propria vita, e forse non erano proprio racconti adatti ad una
bambina, ma lei sapeva sempre trovare le parole giuste per spiegare e
non spaventare una bambina, che ascoltando cominciava a farsi le
prime grandi domande della vita. Io ero molto attenta ad ogni
particolare, e facevo domande e domande sui tempi di guerra. La nonna
era come se accudiva un frutto ancora acerbo con carezze e con calde
e sagge parole. Mi diceva che come le stagioni anche la vita ha i
suoi momenti, che vi sono momenti di grande freddo, di desolazione e
assenza di sogni, momenti di malinconia e di pioggia, ma che ci sono
anche momenti di sole, di gioia e di speranza.
Ricordo che anche il vento si era calmato e
sussurrava appena, ma il buio ed il freddo fuori ancora toglieva il
respiro e si avvicinava per me, che ero la più piccola, l'ora di
andare a dormire e lasciare quelle fiamme che ancora sfarfallavano,
sfogliando nei miei occhi parole e frasi alle quali avrei voluto
ancora fare domande in tutte le lingue del mondo.
Mentre m'infilavo nel confortevole tepore del grande
letto riscaldato dal carbone, spiavo dalle persiane rotte e
semichiuse la luna nel cielo, che vegliava il mondo con il suo
sguardo immenso e sognando la vita che avrei voluto, piano piano mi
addormentavo.
Il giorno dopo giocavo senza pensieri con quel poco
che avevo, in casa o nel cortile, in fondo ero ancora una bambina...
Mi piace aggiungere qui sotto alcuni commenti che mi sono stati fatti in altra sede
Ringrazio ancora...
Un
haiku significativo, reso tale dall'aggettivo "frivoli" e da quei
sussurri onomatopeici che rivelano, sommessamente, dei segreti. I soffi
leggeri ( frivoli ci autorizza a definirli così), che possiamo
identificare in brezze primaverili, si muovono discretamente fra fili
d'erba ( anche questo è un riferimento alla stagione) e ci riportano a
quelle voci misteriose della Natura, che non tutti sono in grado di
cogliere ma che sono immanenti, raggiungendo il cuore di chi si pone in ascolto. Molto bello Elisabetta Salimbeni
Si
percepisce sensibilmente quel senso di eterea leggerezza che
infonde,come pure quell'atmosfera di salottiera complicità per
intriganti confidenze. Bello.
Ho trovato questo brano nel web e leggendolo mi ha emozionata tanto, mi ha toccato il cuore tanto da avere le lacrime agli occhi alla fine della lettura. Forse perchè ho una figlia ballerina.
"Allacciati
le scarpe, non importano le vesciche, non importa quanto parquet
solcheranno, quante piste, quante delusioni, quante amarezze, quanti
attimi di gloria e di sconfitta.. Allacciati le scarpe, non importa
quanto piangerai mentre lo farai, quante cose penserai mentre stringi
quei nodi, quante volte vedrai il tuo passato e quante volte avrai poca
fiducia nel futuro. Allacciati le scarpe, la musica
ti aspetta, c'è chi crede in te ogni istante del tuo percorso, c'è chi
ti deluderà, c'è chi amerà ciò che sei per quel che darai, anche se ti
sembrerà sempre poco, anche quando la tua anima vibrerà forte e gli
occhi saranno lucidi, anche quando basta un solo attimo per sentirsi
perdenti ed un intera vita non basterà per essere vincenti, quando
vorresti abbandonare tutto per niente, perchè quel niente è il tuo
tutto, il tuo mondo. Allacciati le scarpe, quando vorresti esplodere,
scappare dalla realtà per vivere in un paradiso tuo, dove il tuo cuore
batte il ritmo di ciò che sei dentro. Allacciati le scarpe, perchè tu
hai scelto ciò che ami, che hai sempre amato, e non pensare, agisci,
quella pelle lucida un giorno non sarà più la stessa, misurerà ogni
istante dei tuoi sacrifici, dei tuoi allenamenti. Allacciati le scarpe,
per i tuoi genitori, per la tua partner, per i tuoi insegnanti, per i
tuoi atleti, ma soprattutto per te stesso, perchè tu hai scelto un arte
pura, dove solo tu
sei il protagonista..."
Alessandro Olivato da "Sogno di
Un Atleta"
Questa è mia figlia Martina con il suo ballerino Lorenzo
(prima di aprire questo filmato, silenziare il video qui a fianco nella barra laterale)