domenica 7 aprile 2013

Ho imparato ad amare Pirandello


Circostanze hanno voluto che mi parlassero di Pirandello e mi prestassero un suo libro... non che io non lo conoscessi ma sentirne parlare con tanto entusiasmo mi ha fatto pensare e riflettere. Il fatto è, che legggere un libro in età più matura di quella scolastica, è tutt'altra cosa, e vi giuro che all'epoca Pirandello mi sembrava antipatico ed anche molto noioso...e comunque ci sono libri che andrebbero letti più di una volta per capirli profondamente.

 -Il fu Mattia Pascal-

Il fu Mattia Pascal è il più famoso romanzo del drammaturgo e narratore siciliano. Venne pubblicato nel 1904 e più volte ristampato negli anni successivi. Racconta la storia di Mattia Pascal che, intrappolato in difficili rapporti familiari, angustiato dai dissidi coniugali e dai debiti, si vede prospettare un giorno la possibilità di fingersi morto, quando nelle acque di un vecchio mulino viene ritrovato il cadavere di un suicida, cui viene attribuita, frettolosamente, complice la moglie e la suocera, la sua identità.
All'inizio egli, prendendo l'identità fittizia di Adriano Meis, sembra assaporare l'eccitazione della nuova libertà, riuscendo a mantenersi con una cospicua vincita al casinò di Montecarlo, ma quando, solo e annoiato dai viaggi, invece di osservare gli altri vivere, prende egli stesso l'iniziativa, si innamora (della tenera e sottomessa Adriana) e patisce alcuni affronti (un furto, una sfida a duello), capisce l'impossibilità di vivere fuori dalle leggi e dalle convenzioni che gli uomini si sono dati. Scopre che "fare il morto non è una bella professione".Decide quindi di farla finita anche con la nuova identità, simulando il suicidio di Adriano Meis nelle acque del Tevere.Non gli rimane che tornare nei paesi d'origine, Oneglia e Miragno, scoprendo che nessuno lo riconosce più; persino il fratello Berto reagisce inizialmente con la paura non appena se lo trova davanti. Malgrado siano passati soltanto due anni, la moglie intanto si è risposata con Pomino, un amico d'infanzia di Mattia; hanno avuto già una bambina, conducono una vita normale e tutto sommato serena.
Arrivato con propositi di vendetta, Mattia Pascal ben presto li abbandona, convincendosi della loro inanità; lascia che la moglie e l'amico vivano in pace il loro menage coniugale, si riprende il vecchio posto alla biblioteca e qualche volta visita al cimitero la propria tomba, deponendovi pure dei fiori.
Il tema principale de Il fu Mattia Pascal è ancora quello, così caro a Pirandello, dell'identità.
Mattia ha un difficile rapporto, non solo con la propria interiorità ma anche con il proprio corpo: ha difficoltà ad identificarssi con se stesso. Spia di questo malessere è l'occhio strabico, che guarda altrove.

"Fuori dalla legge e fuori di quelle particolarità, liete o tristi che siano, per cui noi siamo noi, caro signor Pascal, non è possibile vivere".

Il messaggio del libro è che, chi non è riconosciuto dalla legge e dalle burocrazie, non esiste. È il dramma delle società moderne. La persona che noi rappresentiamo, non è solo una maschera che ci inchioda in un'esistenza che sentiamo inautentica, ingabbiandola, a volte, in un inferno senza vie d'uscita. È paradossalmente proprio questa maschera che indossiamo nella vita sociale, l'unica che ci permette di manifestare, pur con le dovute e dolorose limitazioni, la nostra genuina personalità e di dare una forma alla nostra esistenza. Le convenzioni sociali, storicamente determinate, sono le coordinate che delimitano la nostra esperienza vitale, pur creando un tragico dissidio tra uomo e società, tra essere e apparire. Pirandello sembra qui anticipare motivi della psicologia del profondo.
Altri motivi del romanzo sono l'importanza del caso e dell'assurdità nel condizionare l'esistenza dell'individuo (è impossibile "volere estrarre la logica dal caso, come dire il sangue dalle pietre") e la crisi dell'uomo moderno che, dopo le teorie di Copernico, scopre di non essere più al centro dell'universo ("Copernico, Copernico, don Eligio mio, ha rovinato l'umanità, irrimediabilmente. Ormai noi tutti ci siamo a poco a poco adattati alla nuova concezione dell'infinita nostra piccolezza, a considerarci anzi men che niente nell'Universo... Storie di vermucci ormai, le nostre").
(dal web)
Più riguardo a Il fu Mattia Pascal

Aggiungo alcuni link che vi potrebbero interessare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Il_fu_Mattia_Pascal
http://www.liberliber.it/mediateca/libri/p/pirandello/il_fu_mattia_pascal/pdf/il_fu__p.pdf

Qui potete leggere una silloge Pirandelliana
http://senzamaninbicicletta.blogspot.it/search/label/pirandelliana

3 commenti:

  1. E' molto bello che si sia riaccesa in te la passione per un autore di tale levatura.
    Un elaborato molto interessante, nel suo denso posarsi, su opere di particolare rilievo di Pirandello.
    Buona serata, Vilma, e un abbraccio,silvia

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  2. Eh, Pirandello...lo porto nel cuore dai tempi della scuola.
    Ti suggerisco una cosa da leggere, è un atto unico e si intitola L'uomo dal fiore in bocca.

    Buona lettura ciao Antonella

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  3. Pirandello è un autore troppo complesso, la scuola non dovrebbe proporlo per intero, ma limitarsi a tratteggiarne l’importanza, per accendere negli adolescenti una curiosità, da soddisfare successivamente, da maturi, ognuno per conto proprio.
    Quel che è successo a te, gentile Vilma, succede alla maggioranza delle persone che si accostano a Pirandello quando sono troppo giovani. Il suo pensiero è profondo, sofisticato, per pretendere di penetrarlo senza la giusta esperienza di vita.
    Fatta questa premessa, bisogna aggiungere che, se da un lato Pirandello è un grande e il suo pensiero ha una portata universale, dall’altro è un autore po’ datato e dunque la sua concezione della realtà presenta dei limiti, perché è legata a un'epoca precisa.
    Come sappiamo, il nucleo della sua filosofia sta nella differenza fra il volto e la maschera; il primo rappresenta la verità e il secondo la falsità o la finzione; in questa insanabile dicotomia sta il dramma dell’individuo, che vorrebbe essere se stesso, ma non può perché la società, con i suoi vincoli ed i suoi dettami, lo costringe a fingere, a indossare cioé una maschera, che non gli appartiene. Così noi siamo, ad esempio, mariti fedeli e assennati, impiegati rispettosi e “inquadrati”, quando in realtà vorremmo evadere, corteggiare altre donne e vivere una vita libera, opposta a quella monotona dell’impiegato.
    Da questo conflitto nasce la ribellione pirandelliana e dunque la scelta di Mattia Pascal, che un bel giorno decide di fingersi morto, per fuggire lontano e sperimentare una nuova esistenza.
    Attraverso quel personaggio, Pirandello esprime la sofferenza dell'uomo, angosciato dall'impossibilità di sfuggire alle convenzioni e ai vincoli della società. Ma è inutile illudersi di poter evadere, come Mattia Pascal ha tentato di fare, rompendo ogni legame. E' meglio restare nel posto in cui ci troviamo, anche se continueremo a chiederci perché siamo lì piuttosto che altrove.
    Il limite del pensiero pirandelliano nasce dal fatto che è legato al suo tempo, al periodo del Decandentismo, connotato da un diffuso senso pessimistico della vita.
    Oggigiorno, gli esseri umani sono - almeno cercano di essere - meno marionette e più se stessi.
    La partecipazione alle scelte politiche, la liberazione dai tabù, l’affermazione della propria identità sessuale (penso, ad esempio, ai gay) sono le sfide dei giorni nostri, sfide che una volta vinte renderanno obsolete le pessimistiche e malinconiche posizioni pirandelliane.

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